Chi sono i Fratelli Banlieue?

Chi sono i fratelli Banlieue?
Fotografia a cura di @about_darkness_

I fratelli banlieue (Elia e Jim) sono un giovane duo cagliaritano di artisti musicali. La loro passione li ha permesso di emergere da un contesto sociale difficile. Raccontano la vita dentro il quartiere Sant’Elia di Cagliari, rione sito a dieci minuti dalle vie centrali, considerato da molti come un ghetto, ma che a detta nostra in realtà, offre spunti di riflessione interessanti.

Grazie ragazzi per aver deciso di fare due chiacchiere con noi. Siamo lieti di avere l’occasione di raccontare la vostra storia, con l’intento di rompere lo stereotipo comune, che accomuna i residenti di Sant’Elia come persone poco affidabili e legate alla criminalità.

Come è nata la passione per la musica?

E:« La passione per la musica è nata quasi per gioco all’eta di tredici anni, grazie ad un mio amico, che viveva nel mio stesso palazzo.

Insieme, guardavamo i primi video musicali di Snoop Dog e dei maggiori esponenti della musica rap americana. A colpirmi fu Joe Cassano era “Dio Lodato”, mi diede la spinta per provare ad emularlo. Complice anche il loro stile di vita basato su collane, belle macchine, belle donne, la “bella vita”, tutto ciò che a noi mancava.

Non fu l’unica ragione che mi spinse a fare musica. A causa del mio carattere introverso, solo con la scrittura avevo la possibilità di esprimere i miei sentimenti e che difficilmente avrei esternato ad i miei genitori.»

J: «Come tanti ragazzi iniziai a fare rap negli anni 2000, inizialmente con le battle di freestyle in piazzetta, successivamente mi approcciai allo studio, dove mossi i primi passi nella musica registrando i primi pezzi fino ad innamorarmi completamente di questa musica. »

Vi fate chiamare Jim ed Elia, che significato hanno i vostri nome d’arte?

E: «Con i nomi d’arte in generale ho sempre avuto un rapporto di amore e odio. Nel corso degli anni ne ho cambiati parecchi, anche perché il mio nome di battesimo non mi piaceva.
All’inizio scelsi Deezy, nato da una storpiatura di un altro nickname , col tempo, tutti iniziarono a chiamarmi cosi, ma alla fine arrivai ad una conclusione:<< il mio nome di battesimo è lo stesso del mio quartiere, sento che mi rappresenta in tutto e quindi perché non usarlo?

giocavo sul dualismo tra Elia e Deezy, dove Elia rappresenta il mio lato introspettivo ed emotivo invece Deezy, rappresenta la versione più spocchiosa ed egocentrica.»

J:«Il mio nome d’arte inizialmente era Jim La Belva: nome che mi fu attribuito a scuola per una maglia di Jimi Hendrix che indossavo spesso, mentre la Belva per la mia ferocia nell’affrontare le sfide di freestyle.

Ho scelto di adattarlo a Jim De Banlieue , ispirato alle Banlieue francesi che vuol dire: – “Jim della periferia”; “Jim del quartiere” – in considerazione del fatto che le mie radici d’appartenenza sono legate ai miei trascorsi tra i quartieri popolari di Cagliari e Napoli. »

Nascere e crescere nel quartiere di Sant’Elia credete che vi abbia formato a livello umano prima che artistico?

E:«Sono arrivato a Sant’Elia all’età di 6 anni. Rispetto ai miei compagni, che erano nativi di lì, io provenivo da una scuola di suore, per cui mi sono ritrovato in una realtà nuova, diversa da quella a cui ero abituato.

Ci ho messo del tempo prima di adattarmi, ma custodisco tutt’oggi ricordi bellissimi. Nonostante non avessimo una vita agiata, ci bastava poco, due tiri al campetto col pallone piuttosto che scoppiare petardi a Natale.
Siamo sempre stati ragazzi con la testa sulle spalle, non ci siamo mai fatti abbindolare facilmente dalle situazioni. Sapevamo chi eravamo e quello che volevamo fare e quando hai la “fame” si sente e si nota. »

J:«Io non sono nato a Sant’Elia, sono nato a Napoli, Sant’Elia è il quartiere dove mia madre è nata e cresciuta e dove la mia famiglia ha radici stabili da anni. 

Crescendo in contesti simili, posso dirti che ogni quartiere “popolare” ha un lato positivo. Le difficoltà ti diano una marcia in più, quella che io definisco: “la fame“.»

Lavorare in duo comporta anche prendere decisioni insieme, questo avviene in maniera naturale oppure avete delle idee contrastanti?

E:«Il gruppo fratelli Banlieue è nato perché noi due abbiamo sempre avuto un ottimo feeling in studio, ci siamo sempre trovati sullo stile; sulla visione comune.

esiste un fil Rouge che ci collega, siamo entrambi produttivi e questo ci stimola a vicenda. Ovviamente ci sono quei giorni dove non siamo d’accordo, ma basta vedersi e si risolve tutto.»

J:«Lavorare in duo, per due come noi, a volte è estremamente facile e a volte estremamente difficile in quanto condividiamo molte idee simili.
Il nostro nome d’arte Fratelli Banlieue deriva dalla sintonia che abbiamo creato negli anni. Nonostante ciò, rimaniamo due testardi, che tendono a scontrarsi parecchio per le proprie idee, ma che alla fine trovano sempre un’accordo.»

Il vostro ultimo singolo “South” in collaborazione con Leschio, Pakos, racconta la periferia, il vostro quartiere, ci potete spiegare il significato di qualche barra?

E:«Non vi spiegherò la barra perché penso di essere stato abbastanza esplicito in quel passaggio quando fa:<<“sembra Marsiglia giù da me, T-Max TN Fashion week, Don Omar sopra un Golf Gt”.>> nonostante sembri una barra semplice, a parer mio è una bella fotografia del quartiere.»

J:«South è un pezzo dedicato al Sud in generale, inclusi tutti i quartieri popolari. La mia barra: “Gioselin la mia bitch ha una borsa di Celine sud Italia davvero” fa riferimento alla smania che sia in quartiere per gli abiti firmati.

Nonostante siano costosi e non sempre ce li si può permettere. Si alterna, una maglia Nike rispetto ad un pantalone dell’Oviesse. Lo stesso caso per Gioselin che essendo una marca femminile economica va in contrasto con Celine che è un Brand costosissimo. La metafora tra i due poli, che descrive come al sud Italia ci adattiamo a qualsiasi cosa.
La barra non è una Punchline particolare ma se sei uno dei nostri ti rispecchi perché come dico alla fine “è sud Italia davvero”. »

Il 21 a Cagliari, in occasione della Trap Night a Sant’Elia organizzata dal comune di Cagliari, si è tenuta una serata di musica all’aperto che ha visto coinvolto anche altri artisti emergenti. Credete che in Sardegna, il panorama musicale sia unito oppure esiste una sana competizione?

E:« Ci sono diversi ragazzi che stanno emergendo e che sono molto bravi. Fanno gruppo, potrebbe essere sinonimo che qualcosa sta cambiando anche in Sardegna. Noi siamo in buoni rapporti con quasi tutti gli esponenti della “scena Sarda”.

Negli anni abbiamo collaborato con tantissimi artisti, dai nomi più importanti fino alle nuove leve. La nostra mentalità si basa su: ” L’unione fa la forza”. Sono convinto che a Cagliari si possa creare una scena simile ad altre realtà italiane come Milano, Roma ecc.»

J:« Il panorama musicale di Cagliari, lo descrivo con una frase che dico spesso quando si parla della “scena Sarda”: “è una guerra tra poveri”.

Purtroppo, non c’è quell’unione tra gli artisti come vediamo in altre regioni d’Italia che ci permetta di emergere tutti assieme, al contrario c’è sempre questo mood di snobbarsi a vicenda in riferimento anche alle Wiews, mi piace di Instagram ecc.

Della serie: – Chi fa 50.000 ascolti non canta con l’amico che ne ha 1000 perché non gli porta nessun resoconto personale – funziona a convenienza, ecco spiegata la motivazione per la quale a Cagliari le collaborazioni sono poche e sporadiche.»

Cosa si prova quando si sale su un palco e davanti si hanno centinaia di persone che sono lì per ascoltarvi?

E:«Il live è la prova del 9 di ciò che hai prodotto in studio. La considero la parte più divertente, in quanto hai la possibilità di far ascoltare la tua musica a sconosciuti ed avere la loro reazione istantanea davanti ai tuoi occhi… sono belle sensazioni ed è ciò a cui puntiamo.

J:«Salire sul palco e trovarsi le persone sotto che guardano il tuo show è il bello della musica. Passiamo mesi chiusi in studio a registrare, scrivere, provare pezzi senza contatti col pubblico se non con la nostra community sui social. Fare un live ti connette con il pubblico in modo diverso e reale rispetto ai classici messaggi di congratulazioni per i singoli nuovi. »


Concludiamo questa ricca intervista dei fratelli Banlieue con una domanda rivolta

a Jim. Tu oltre che un rapper sei anche un freestyler, recentemente sono diventati virali i tuoi video sul palco insieme a Fred De Palma, ci chiedevamo: Ma freestylers si nasce o si diventa?

J:« Freestyler si nasce, ma lo si può diventare anche grazie alla costanza. Rimango diversi mesi ed anni senza fare una sfida, poi però, qualcosa da dentro mi smuove, torna “la belva”. Io credo di avere un dono in questo, ma ovviamente il talento va coltivato, ragione per cui mi sono applicato tantissimi anni per diventare un buon freestyler.»

Ringraziamo ancora una volta i fratelli banlieue per averci raccontato la loro storia, con la speranza che voi lettori, abbiate capito che i quartieri popolari sono composti da tantissime brave persone, tra cui bambini che sognano un futuro migliore, così come Jim ed Elia stanno provando con determinazione e amore per la musica a costruire il loro.

Testo a cura di Redazione.

Ascolta i recenti singoli dei fratelli Banlieue:

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